Alla scoperta delle bellezze nascoste d’Italia: Bomarzo
Bomarzo, un piccolo comune a 25 km da Viterbo seduto su uno sperone di roccia di tufo, deve gran parte della sua notorietà alla figura di Vicino Orsini, signore di Bomarzo, che, qui vicino, fece costruire nel XVI secolo una delle opere più originali dell'epoca del manierismo nel campo dell'arte dei giardini: il
Sacro Bosco di Bomarzo, conosciuto dalla maggior parte dei visitatori come il "parco dei mostri". Il progettista del parco è tutt'oggi sconosciuto ed alcuni studiosi lo indicano in Michelangelo altri, in particolare per il Tempio, citano il nome di Jacopo Barozzi da Vignola.
Il parco è caratterizzato dalle statue gigantesche e misteriose che lo popolano, da architetture impossibili, come la casa inclinata, e da alcune statue enigmatiche che rappresentano forse le tappe di un itinerario di matrice alchemica.
Numerose e diverse sono le interpretazioni che gli studiosi hanno voluto dare a questa mirabile impresa, e a cui facilmente si presta, grazie alla molteplicità degli elementi, simboli e riferimenti culturali che raccoglie. Le iscrizioni sui monumenti stupiscono e confondono il visitatore e forse questa era l'intenzione del principe "artista ed anarchico" come lo definisce Horst Bredekamp nel suo bellissimo saggio.
Vicino Orsini, amico di Alessandro Farnese, di cui sposa una cugina nel 1541, Giulia Farnese, coltiva una cerchia di conoscenze e di amicizie nell'elite culturale dell'epoca. Dopo gli anni dell'impegno militare si ritira dalla vita politica e guerresca, e abbraccia una filosofia di vita sotto gli auspici dell'epicureismo, inteso come ricerca del piacere, come sommo scopo della vita, attraverso l'assenza del dolore e delle preoccupazioni. Espressione di questa filosofia e concezione della vita è proprio il suo giardino alla cui realizzazione si dedica a partire circa dal 1547.
Tra le letture più interessanti per addentrarsi nei misteri di Bomarzo si segnalano quella fatta da Horst Bredekamp nel suo testo del 1989, Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo. Un principe artista ed anarchico (Roma, 1989) e quella più recente di Maurizio Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura (Milano, 2000).
Mentre Bredekamp inserisce l'interpretazione di ogni scultura, architettura o epigrafe presente nel parco in un disegno filosofico-simbolico, che passa attraverso la rappresentazione di tutte le parti del mondo conosciuto, qui presenti ad auspicare il diffondersi della fama del Sacro Bosco, ed altre figurazioni che esprimono la concezione di Vicino per la vita, la morte e l'Aldilà, Calvesi imposta invece tutta la sua lettura sulle sorprendenti analogie e connessioni tra le figure che popolano il Sacro Bosco e i poemi del Boiardo e dell'Ariosto, rispettivamente l'Orlando innamorato e l'Orlando Furioso, composti nei decenni precedenti alla realizzazione del giardino.
Sono rimasti, però, talmente tanti misteri che uno schema interpretativo universale, alla fine, forse non potrebbe essere trovato; su un pilastro, però, compare la possibile iscrizione-chiave "Sol per sfogare il core". John Shearman, che cita più volte il parco nel suo Mannerism, parla di "incredibili, piacevoli e soprattutto manifeste finzioni - prodotti d'evasione artistica e letteraria"
Nel 1585, dopo la morte dell'ultimo principe Orsini, il parco fu abbandonato e nella seconda metà del Novecento fu restaurato dalla coppia Giancarlo e Tina Severi Bettini, i quali sono sepolti nel tempietto interno al parco, che forse è anche il sepolcro di Giulia Farnese.
Da segnalare l’annuale rassegna di sapori, arte e musica “Tuscia Deliziosa” giunta lo scorso anno all’ottava edizione e tenutasi a Palazzo Orsini dal 10 al 12 dicembre. L’iniziativa che coniuga sapientemente cultura ed enogastronomia, con banchi d’assaggio in cui degustare vini e prodotti tipici del territorio e mostre, concerti e incontri vuole essere un volano per far conoscere le bellezze e il patrimonio storico, ambientale, culturale di Bomarzo e del territorio al di là del Parco dei Mostri.
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